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di come si trasmette il canto Dhrupad alla Gurukul dei fratelli Gundeca

 22 gennaio 2009
La più saggia decisione che ho preso quest’anno è quella di venire a passare qualche tempo alla Gurukula dei Gundeca Brother a Bhopal, due settimane sono poche ma sufficienti per farmi un idea di come si vive in questa realtà.

Sono arrivata ieri sera da Bombay e già sapevo che non avrei trovato i maestri, infatti sono partiti per Toronto ieri mattina. Non ho potuto far di meglio: la vita ti pone sempre davanti a delle scelte, questo è il tempo che avevo a disposizione dato la mia situazione famigliare e lavorativa ma sono contenta in ogni caso di essere qui, loro torneranno tra una settimana e nel frattempo avrò modo di ambientarmi.
Ero un po’ preoccupata poiché sospettavo che il taxista non conoscesse il posto, infatti è stato un po’ complicato arrivare anche perché, con il buio, l’edificio, che pensavo di riconoscere avendone viste le foto non era molto visibile, comunque, dopo varie richieste di indicazioni e tentativi, finalmente sono arrivata. Sanjeev, uno degli studenti residenti più anziani, mi ha dato un caldo benvenuto con un bel piatto di kiciri, e dopo avermi fornito qualche indicazione mi ha accompagnato nella stanza.
Alla fine di gennaio le notti sono fredde, la temperatura scende anche a 5-6 gradi e gli studenti girano tutti intabarrati con cappelli, sciarpe e scialli. La stanza che mi hanno assegnato è al piano terra, comoda perché vicino alla cucina, ma anche tanto umida, il sole vi si affaccia un ora di prima mattina e poi la lascia buia e fredda.
Stamane ho praticato nei toni bassi del karaj: mi sono immersa nella pace del Rag Bhairav proprio quando nasceva il sole, l’ho potuto contemplare dalla porta aperta stando comodamente seduta sulla stuoia posata sul pavimento ai piedi del letto. In fondo, mi dico, basta già questo momento per farmi capire che sono al posto giusto.
Dopo aver fatto colazione e conosciuto altri studenti sono andata con alcuni di loro a praticare; sono stati gentili con me, dopo avermi invitato a cambiare posizione , poiché mi ero seduta proprio nel posto di Guruj, per due ore ho potuto seguirli negli esercizi e nelle improvvisazioni dell’ Alap di Yaman. Il tono da uomo mi è un po’ ostico ma al Ni dell’ottava bassa ci arrivo e nei palta che fanno raramente scendono più in basso.
Sanjiv mi ha spiegato come è strutturato l’insegnamento: una settimana si fa Yaman con alap e palta guidati da “Bara Guruji” ovvero il più anziano che è Umakant, la settimana dopo con Ramakant, “Chouta Guruji”, si imparano nuovi raag e composizioni, ho così poco tempo per stare con loro, chissà che settimana mi spetterà!
L’intera Gurukula, senza la presenza dei maestri, vive un’aria di vacanza.
Ci sono 2 edifici che mi piacciono molto poiché mi ricordano l’architettura dei palazzi antichi reali. Il più piccolo, di colore giallo ocra, è dedicato all’insegnamento. Ha una struttura che comprende due blocchi ottagonali ed è stata progettata per farla rendere risonante al massimo. Al piano terra vi è una sala grande per i concerti e una stanza; al secondo piano ci sono aule di diverse misure chiamate con i nomi di differenti Raag: Bhairav, Todi, Saranghi e Kanada. Ha indicarli vi è proprio una scritta rossa sul vetro che sta sopra la porta di ogni stanza. La trovo un’idea bellissima: entrare e cantare in questi piccoli templi con il soffitto creato appositamente per dare un sonorità speciale, mette veramente l’anima in uno stato di benessere. Dalle pareti foto e ritratti dei maestri ricordano sempre l’importanza della tua presenza per riuscire a salvaguardare un bene così prezioso per tutti.
L’altro edificio è bianco e molto più grande poiché è adibito alle residenze: ha tre piani e una grande terrazza sul tetto dove sono installati dei pannelli solari che forniscono acqua calda in tutte le 12 stanze. Al piano terreno c’è una grande sala, completamente aperta sul lato frontale, dove si mangia e una cucina dove ho capito potrò anche prepararmi qualcosa, per cui oggi stesso sono andata con Mike (un ragazzo australiano) al New market dove ho acquistato qualche genere alimentare e una bella coperta imbottita di velluto, penso che la notte che mi aspetta sarà senz’altro più comoda e calda!

 23 gennaio 2009
L’elettricità, di mattino, viene tolta alle 6.30. E’ ancora buio e se ci si vuole preparare una bevanda calda bisogna entrare in cucina armarti di pile o candele, lì ho incontrato Micaela, una ragazza austriaca che suona il sitar. Molto gentilmente mi ha dato pochi e veloci consigli e indicazioni preziose per l’uso della cucina dopo di che, ognuna con la sua caraffa di tisana calda, ci siamo lasciate per ritirarci entrambe nel karaj. Ecco il momento più bello della giornata: la porta aperta mi permette di vedere il sole appena sorto e i suoi primi deboli raggi cominciano a scaldarmi poco dopo.
Alle 8, 30 ritorno in cucina per prepararmi la colazione, i ragazzi mangiano i chapati e le verdure della sera prima, io la frutta comprata ieri e mi cucino con gioia la zucca.
Ci sono problemi con il cibo che sta nel frigorifero: c’è chi lo apre e prende vivande comprate da altri ma oggi si è deciso di fare dei sacchetti etichettati e le cose dovrebbero migliorare. Nel lavello ci sono molti bicchieri e piatti e So, un ragazzo giapponese, mi spiega che ognuno si deve lavare il suo ma molto spesso questo non succede per cui anime volenterose possono lavare e riordinare la cucina onde evitare che il peso di quest’onere ricada sulla donna che viene a far da mangiare e che dovrebbe lavare solo le pentole. Per fortuna giro sempre con i miei guanti di cotone e di plastica e così attrezzata non mi spaventano pentole o bicchieri, né superfici né detersivi e mi propongo di occuparmi della cucina.
Poi mi sono recata nella gurukula e ho praticato con i ragazzi, sempre Yaman alap jhor jala, più che altro ho ascoltato e ogni tanto mi sono inserita timidamente, So è stato molto carino e mi ha detto che nel tardo pomeriggio avrei potuto praticare con lui.
Dopo pranzo e il dovuto riposo, ho ripreso il Vrindavan Sarang (lo sto studiando per il programma del conservatorio); alle tre del pomeriggio la natura che si vede dalle finestra dell’aula Bhairav è proprio quella giusta per entrare nello spirito del Raag: la luce delle ore più calde è quella del sole che risplende e scalda una terra ricca e fertile, la campagna che circonda la guru kula è gentilmente ordinata; i piccoli campi, lavorati per lo più ad ortaggi, sono tenuti con molta cura e contornati da sentieri e siepi, ma il vero protagonista della scena è un albero che troneggia maestoso nel quadro della finestra. Manca la pozza d’acqua con i bufali e gli aironi per completare l’essenza del Vrindavan Saranghi ma l’immaginazione può colmare qualsiasi vuoto.
Che posto meraviglioso: dopo tanto peregrinare per città e maestri mi sento veramente a casa. Posso cantare tutto il tempo che voglio e c’è la cosa più rara da trovare in india: la pace del silenzio! Nessuna traccia di inquinamento acustico e atmosferico; l’aria è pulita e leggera, trasmette canti felici di uccellini e voci ridenti di bambini.
Per il te delle cinque sono andata in cucina e li sono rimasta a riordinare per mezz’ora, e poi, quando mi sono accorta che la luce calava, sono corsa in terrazza a guardare il tramonto.
Non perdere il contatto con la coscienza cosmica! Questa frase mi ripeto ogni volta che assisto ai due spettacoli più belli che ogni giorno la natura ci offre. Alba e tramonto, in India soprattutto, sono molto venerati. La luce lascia spazio al buio molto velocemente e dal tetto l’occhio può spaziare e correre tutt’intorno alla linea dell’infinito. Mukes e Michaela sono intenti a praticare yoga, io mi immergo nell’energia del colore e nelle forme del Kathak.
Più tardi So, nel pieno del suo programma di pratica, mi ha accolto con un gran sorriso e mi ha fatto sedere vicino a lui, insieme abbiamo cantato per mezz’ora arohi e avarohi di Raag Yaman a tempo lento e un altra mezz’ora arohi avarohi a tempo veloce, poi mi ha insegnato un palta; sto cominciando a intuire come la tecnica si acquisisca con lunghe ore di esercizio determinato, non che non lo sapessi già da prima ma ne sto acquisendo la consapevolezza con l’esperienza.
Alla sera mangio con piacere e in compagnia il sabji speziato e i ciapati che la cuoca ci prepara, sembra che il tempo voli e si va a dormire presto molto volentieri.

 23 gennaio 2009
Stamane, dopo il Karaj, mi sono detta che potevo darmi da fare e pulire, oltre alla mia stanza, anche il giardino; ho trovato una piccola ramazza con la quale ho spazzato e raccolto le foglie morte, poi ho annaffiato le piante aiutando così il giardiniere che vedo sempre molto indaffarato.
Di fianco al bianco edificio residenziale c’è una casupola dove abitano gli inservienti della gurukula: il giardiniere e la cuoca rispettivamente con la propria famiglia. Ogni famiglia ha a disposizione una stanza, e già si possono considerare fortunati rispetto alle condizioni di miseria e sofferenza in cui vivono molti abitanti di questa meravigliosa ma non sempre facile terra indiana.
Finito il karmayoga raggiungo Sanjieev il quale mi dice che partirà nel pomeriggio con Michaela; approfittando dell’assenza dei maestri vanno a Varanasi dove hanno molti amici che vogliono rivedere.
Dopo la canonica ora di Arohi e Avarhoi in varie velocità e, a turno, eseguiti in Akkar, Sargam e Non tom mi da un piccolo e fragrante palta, poi mi spiega che la formula di non tom in cui eseguire Arohi e Avarohi è soggettiva quindi molto variabile ma anche molto simile.
Nel pomeriggio vado con David al Newmarket di Bhopal, acquisto qualche provvista e mi concedo un buonissimo Almond Juce, il cibo alla gurukula è un po’ monotono e sempre tanto speziato; qualche verdura bollita e della frutta fresca mi aiuterà a integrare la dieta.
Certo, la Gurukula è in vacanza e si vede, ma già sto imparando moltissime cose, la fortuna di un sistema così è proprio quella che gli allievi avanzati sono molto disponibili.

 24 gennaio
Stamattina niente karaj: sauna! Siamo partiti prima dell’alba io David e Mike, mezz’ora di risciò per arrivare congelati ad un albergo di super lusso dove si può accedere alla sauna e alla piscina; mentre ci rilassavamo scaldati dai tenui raggi del primo sole i ricchi indiani facevano palestra accompagnati da una musica occidentale con ritmo sfrenato e a volume assordante; quante riflessioni mentre osservavo questi giovani imitare il modello di cui noi siamo portatori, come si invertono le parti! Noi li per rilassarci, trovare il contatto con l’anima attraverso una musica spirituale e loro, allineati con l’accelerazione dei tempi, pronti ad integrarsi con il materialismo del sistema capitalista.
Siamo tornati per il pranzo dopo di che riposo e pratica; ho tempo per dedicarmi al Vrindavan Sarangh e studiarmi la composizione.

 25 gennaio
Stamattina, dopo il solito programma, praticavo Raag Hindol quando è entrato un signore che ho intuito fosse il padre dei Guruji, mi ha ascoltato con ammirazione dopo di che abbiamo chiacchierato un po’: in essenza le sue parole volevano comunicarmi la sua gioia e l’importanza che io fossi qui, mi ha detto che mi potevo sentire come fossi a casa mia perché quella era casa mia, mi sono commossa nel sentire quelle parole. La condivisione dello spazio è un fattore molto importante e dignitoso per tutti gli abitanti della gurukula, ti da un senso di fratellanza, armonia e anche di forte responsabilità; mi ha raccomandato di prendermi cura del giardino e di trattare con rispetto tutti i luoghi.

 26 gennaio
Ormai mi sono adattata, le ore passano tra la pratica del canto, dello yoga delle pulizie e delle passeggiate. Mi addentro qualche volta nella campagna, ci sono viottoli ben tenuti che passano attraverso i campi, si arriva facilmente ad un piccolo boschetto e spesso mi fermo ad ascoltare la linfa degli alberi che incontro.
A volte, spinta dal desiderio di cucinarmi qualcosa, arrivo fino al paese più vicino: Suryag Nagar ovvero il villaggio del sole. Dolcemente adagiato su una piccola collina, permette a tutte le case e ai loro abitanti di godere di un briciolo di orizzonte colorato nell’ora del tramonto. Ci vogliono 20 minuti per arrivare alla piazzetta dove una donna vende banane e papaye un po’ malandate e qualche ortaggio chiaramente del suo orto: patate, cipolle, biete, rapannelli bianchi, a volte piselli e poche altre cose. Amo abbandonarmi alle emozioni quando mi incammino per la strada che conduce al villaggio, mi lascio trasportare e invadere dalla tranquillità e dalla bellezza dignitosa degli abitanti di questo fantastico e misero paese.
Un vecchietto cammina stanco appoggiandosi un bastone, segue le sue tre vacche, chissà dove ha passato la giornata! Sicuramente il suo benessere dipende da loro. Una fanciulla con la lota in testa esce dalla sua capanna per il rituale più frequente in tutta l’India: l’acqua, in molti villaggi, non arriva alle case. Ci sono tre fontane sempre contornate da donne, avvolte nei loro colorati e sfarzosi sari, che chiacchierano, sorridono e mi guardano, ricambiano il saluto che mi esce spontaneo, si aiutano a caricare sulla testa i recipienti di varie misure, prima uno, poi due, il terzo lo appoggiano sul fianco, e ripartono. Il fascino del portamento eretto, nel trasportare il bene quotidiano e prezioso, è sempre stato, a ragion veduta, oggetto di riflessioni, pensieri e ritratti.
Il tempo qui si è fermato: i bambini vestiti miseramente giocano ignari e felici con pochi sassi e qualche legnetto. Le case sono graziose: povere, piccole, linde, colorate di tutte le sfumature del verde e dell’azzurro, hanno spesso un veranda dove è accovacciata una vacca o una capra, sono collegate da viottoli e adorabili scalette.
Vedere e entrare per un momento negli occhi di un bambino, di una donna, di un vecchio mi da una sensazione di pace e di armonia. Come dice l’induismo, al fine siamo emanazioni del Brahman e per un attimo mi accorgo che non c’è differenza tra le nostre anime, lo stato emozionale in cui percepisco l’indifferenziato è etereo, misterioso, avvolgente e mi pervade regalandomi alcuni attimi di eternità.

 27 gennaio
Domani tornano e si respira aria diversa nella gurukul: il giardiniere è molto indaffarato a spostare vasi e fiori dal vivaio al giardino, stamane ho aiutato So a togliere le piccole erbe infestanti dal tappeto erboso che, adornato da file di rose, è disteso davanti all’ingresso della gurukul. Mi spiega che è uno dei lavori preferiti da Bara Guruji, infatti loro arrivano generalmente alle nove e trenta e per mezz’ora circa si fa quel lavoro, o altri a seconda del bisogno, tutti assieme.
La giornata scorre tranquilla, tra una pratica e l’altra.

 28 gennaio
I maestri sono atterrati stamane e arrivati qui nel tardo pomeriggio. Ho avuto la prima lezione con Bara guruji, insegnerà alla classe femminile raag Yaman, ha una voce profonda e la tonica del tampura è sol diesis. Non siamo tante e dopo aver cantato per trenta minuti arohi avarohi ci guida, anche se in pieno jet leg, singolarmente nell’alap, nel jhor e nel jala; le più avanzate cantano da sole, lui ascolta e interviene molto poco. La sua voce guida chi ha meno esperienza, è preciso e vuole sentir ripetere lo stesso fraseggio che ci fa ascoltare ma, cosa fondamentale, non lascia cantare una nota che non sia il più intonata possibile.
Devo dire che raramente ho avuto maestri indiani che si prendessero così tanta cura dell’intonazione; la Professoressa Cuni, con cui studiavo da prima del conservatorio, fu la prima ad aiutarmi ad affinare l’orecchio, è un passaggio difficile poiché molto spesso non ci si accorge di quanto sia approssimativa l’intonazione. Ricordo bene le prime volte che percepii di essere nel tono: la postura ben eretta e centrata era senz’altro un buon aiuto così come il respiro che entrava e usciva senza sforzo portando con se il suono fluido e leggero.
Purtroppo sto sviluppando una capacità di ascolto che mi permette di distinguere le varie posizioni di una nota rispetto al suo centro, mi piace considerare che l’intonazione ha vari livelli di perfezione; è come se, una volta raggiunto il punto zero, esplorando e ricercando ci siano infinite possibilità di migliorarla. E mi spiace che molti musicisti non prestino sufficiente attenzione a questo valore, la loro musica non decolla, come si può trovare la via se le porte non sono aperte e ben allineate!

 29 gennaio
Alle nove e trenta arrivano suonando il clacson e tutti si precipitano ai loro piedi per il Pranam; a me questo gesto nei loro confronti non riesce per niente spontaneo. In realtà non è che sento una grande devozione per loro invece ho molta nostalgia di Apaji (Girija Devi) e pago il desiderio di tranquillità nel suolo indiano con questi sentimenti contrastanti. Capisco che il mio benessere fisico dipende dalla Gurukul che mi permette una sana alimentazione e di respirare aria pulita, sono consapevole che il canto Dhrupad è la mia via ma nel mio cuore vedo gli occhi colmi d’amore di Apaji. Questa situazione mi rattrista un po’, ma forse è normale che io non abbia tutto questo trasporto dato che li conosco molto poco e starò qui solo qualche giorno.
Comunque stamane, dopo i 30 minuti passati tutti assieme nel prato ad estirpare le erbacce, abbiamo avuto lezione di Yaman Alap. Nel pomeriggio ho tirato fuori la telecamera e ho intervistato So e Mukes, è bello ascoltare le storie dei miei compagni.

 30 gennaio
Il lavoro si fa più pesante, invece che nel prato stamane abbiamo fatto una catena umana per trasportare dei sassi, approssimativamente squadrati, che alcuni uomini preparano nella cava adiacente al giardino della Gurukul. Intanto si approfitta del loro lavoro e della nostra presenza per accumularli nel giardino: possono sempre tornare utili, sono un po’ pesanti e nel passa mano si rischiano le dita delle mani e dei piedi, per fortuna siamo tutti molto attenti e in buona sintonia così che in mezz’ora c’è gia un piccolo cumulo. Poi, a lezione, Baraguruji ci ha insegnato un palta.
Rupali, questa sera, mi ha fatto un grande regalo: è venuta a praticare e le ho chiesto di cantare Chandrakauns, ha una composizione molto bella e me l’ha fatta ascoltare, poi l’abbiamo cantata assieme e mi ha dato il suo quaderno; che soddisfazione decifrare l’indi e riuscire a copiarlo attorniata dagli sguardi curiosi e divertiti dei ragazzi.

 31 gennaio
Oggi è il giorno dedicato a Saraswati.
Giornata intensa e ricca d’emozione dedicata a colei che ci protegge!
Le ragazze hanno ricamato il pavimento con polveri colorate poi, dopo la lezione, la nuova statua di Ganesh, cosi grande e maestosa è stata attivata dalle formule sacre recitate dal Brahmino che ha officiato la puja. A turno siamo stati tutti invitati all’atto rituale che si è concluso con un canto di gruppo seguito da un pranzo luculliano.
Alla lezione oggi eravamo tante, Yaman imperversa tra arohi, avarohi e palta.

 1 febbraio
Ramakant dice: il suono del tampura è una tela  su cui stendiamo le note come fossero colori. Intanto i palta cominciano ad entrarmi nell’orecchio e, quando mi sveglio, le note sono la prima forma pensiero.
Michaela ha lezione di sitar singolarmente, ho provato a chiedere a Ramakant se sia possibile lavorare un po’ su Vrindavan Saranghi e ha risposto affermativamente. Lo spero proprio.

 2 febbraio
Ramakant stamattina mi ha dedicato un po’ di tempo e si è seduto di fronte a me per cantare Vrindavan saranghi, mi ha fatto ascoltare e ripetere gli Swara precisi di arohi e avarohi. Sembra proprio una magia: quando il tono è puro ti trasporta nel suo universo e tutto si colora di emozione, percepisco esattamente la definizione di Raag e la vivo in tutta la sua essenza.

 3 febbraio
Oggi doppia lezione, stamattina Baraguruji con i palta di Yaman e alle sei Chotaguruji con Vrindavan Saranghi solo per me. Le lezioni sono molto belle, ma non riesco a sentire il contatto che vorrei, sono sempre così distaccati, forse è semplicemente una cosa reciproca. Domani è l’ultimo giorno e non possiamo più rimandare l’intervista che chiedo da giorni. Nel pomeriggio ci sarà un concerto di due ragazzi austriaci con chitarra e clarinetto e con loro, dopo domani partirò.