9
DSC02751

La via del Daimon

Canto da sempre. Da quando la mia anima si è catapultata sulla terra decisa a superare ben più di qualche processo karmico. Nata con un temperamento ultra sensibile, condivido la teoria che ognuno sceglie la famiglia dove nascere: un ottimo modo per assumersi le proprie responsabilità. Perciò credo proprio di aver “prenotato” una vita ben ardua e movimentata che mi dia l’opportunità di evolvere velocemente.

I primi ricordi del mio canto sono di quando il pulmino mi portava all’asilo e già trasformavo le mie emozioni inventandomi canzoni per riuscire, in questo modo, a superare giornate vissute in stato d’ansia e di tristezza profonda. La dimensione infantile è stata molto difficile. Trascorrevo le notti immersa in incubi spaventosi ed i miei giorni riflettevano quello stato di panico da cui non riuscivo ad emergere se non con le lacrime.

Ciò che più mi ha aiutato è stato il fortunato e precoce incontro con il mio daimon, quello “spirito guida” ambiguo teorizzato da Socrate e Platone, che è sinonimo di Dio con la sfumatura di un essere quasi umano. Il daimon è la nostra guida, il portatore del nostro destino. Ed è per questo che la nostra anima non ricorda il motivo per cui ha scelto determinati genitori, certe caratteristiche psicofisiche o le prove che dovrà affrontare, non perché è cieca, ma perché esiste questo spirito guida in grado di indirizzare istintivamente l’individuo a compiere determinate scelte invece di altre.

Così, nel mio letto di bambina, quando chiudevo gli occhi, udivo quella vocina nascosta che mi parlava e mi sussurrava: “Non credere alla storia che l’anima va in paradiso o all’inferno! Essa continua ad incarnarsi!”. Mi ripeteva, inoltre, che un giorno avrei capito, che potevo resistere, che il canto mi avrebbe aiutato e che, con la mia voce, avrei potuto far del bene a molte persone.

Crescendo la mia anima ha corso il pericolo di essere sopraffatta da disturbi di personalità alquanto complessi. In terza media mi ha aiutato molto preparare la tesi di geografia sulla filosofia spirituale e religiosa indiana: il sapere che la reincarnazione fosse una teoria molto diffusa confermò in qualche modo il mio sentire.

L’adolescenza vissuta in ribellione è stata alquanto movimentata, l’unica cosa che mi ha trattenuto dall’inoltrarmi in vie di perdizione senza ritorno è stata sempre la musica. Imparavo a suonare la chitarra aiutata qua e là dagli amici, cantavo, ma sempre pianissimo, provando vergogna se qualcuno mi ascoltava. Così era anche per la parola. Era come se non avessi avuto il filo di connessione pensiero-parola. Scrivere era molto facile ma esprimermi a parole quasi impossibile. A scuola e in compagnia la comunicazione era un problema. Quando, timida e intimorita, mi chiamavano per le interrogazioni il verdetto costante era “si vede che hai studiato ma non ti sai esprimere”.

Finiti gli studi tecnici di Agraria la mia idea era di trovare un lavoro stagionale che mi permettesse di girare e conoscere il mondo ma nel 1982, dopo averlo a lungo cercato nacque mio figlio che manifestò molto presto disturbi di personalità. Vivevo a Faenza in circostanze alquanto complicate e per evitare di essere definitivamente preda degli eventi capivo che dovevo prendere in mano la mia vita fino a quel momento priva di consapevolezza. In questo contesto l’incontro con Baba Bedi e le Tecniche Vibrazionali diventavano eventi provvidenziali. Segnavano, infatti, l’inizio del cammino di ricerca interiore che, accompagnato dal canto, ha beneficato e risanato la mia esistenza.